L’agricoltura

L’agricoltura

Gli ameni colli e i loro ottimi frutti

Il territorio di Gallese gode della presenza di favorevoli elementi naturali che hanno permesso fin dai tempi più antichi lo sfruttamento del territorio a fini agricoli. Sui vasti pianori di origine vulcanica che lo circondano, non lontano dai corsi d’acqua, sono stati da sempre coltivati cereali, olivi e vigneti. Accanto a questi prodotti si è affiancata solo di recente la coltivazione del nocciolo nella varietà tonda gentile romana, oltre a quella delle pesche e delle mele.

 

“Cinto è Gallese d’ameni colli di verdi olivi, di frutti fertile, d’alberi, d’ampio territorio, nel di cui seno scorre il Tevere con moltissimi rivoli, che lo rendono dappertutto fertile et abbondante di grano, vino et oglio, e d’ogni altra cosa che è necessaria all’human vivere.” Con queste parole Agostino Colocci nel 1753 descriveva il territorio di Gallese, fertile e lussureggiante, disposto naturalmente, per le qualità e le caratteristiche del suo territorio e per la sua felice posizione geografica, alla produzione agricola. I prodotti che lo storico cita nel suo testo dovevano essere diffusi già in epoca antica: la coltivazione di olivi sui pianori e sulle zone collinari era la principale caratteristica paesaggistica e una grande fonte di reddito tanto che sul fiume Tevere sorgeva l’antico porto dell’olio, dove si caricava il prezioso alimento destinato ai mercati di Roma e del suo Impero. Le fonti latine ci confermano che si produceva anche il vino e si commerciava il legname, proveniente dalle selve che circondano Gallese. La presenza di villae romane in queste zone conferma la vocazione agricola del territorio. Negli Statuti di Gallese del 1576 sono molti e vari i riferimenti alle produzioni della zona: qui si cita la coltivazione di legumi quali fave, ceci, cicerchie e piselli, presenti negli orti per uso privato o come merce da vendere, e sempre nel prezioso documento troviamo passi in cui si stabilisce con esattezza il tempo della vendemmia e si stabiliscono pene severe per i tavernieri che aggiungevano acqua al vino venduto nel loro negozio. Questi due rapidi accenni ci permettono di osservare come da una piccola finestra, gli usi e le abitudini alimentari del borgo alla fine del ‘600. Sicuramente non mancava la produzione di grano tenero sui vasti pianori tufacei, che ben si prestano ancora oggi a questo tipo di coltivazione.

Le prime lotte agrarie della fine dell’800 confermano che il borgo subì una forte e profonda crisi socio-economica, con una recessione nel settore agricolo, dalla quale seppe ben presto risollevarsi grazie al boom industriale ed imprenditoriale che si affermerà con determinazione agli inizi del Novecento. In quegli anni la principale occupazione lavorativa si spostò nel campo industriale e i terreni vennero lasciati incolti o destinati ad una produzione più domestica. Solo con la crisi industriale e la diminuzione di forza lavoro nelle industrie, dalla fine del Novecento si riprende una seria e costante produzione agricola affidandosi alle colture tradizionali dell’olio e del vino, alle quali ben presto si affiancano altri prodotti, quali pesche e mele, ma soprattutto il nocciolo coltivato occasionalmente già a partire dal 1412 circa. A partire dagli anni ’90 questa pianta arbustiva, tipica del sottobosco delle forre e già presente nella flora gallesina, vede una notevole e rapida ascesa essendo preferita alle piante di olivo e alla vigna. La sua coltura si è imposta relativamente tardi nel territorio, diffondendosi velocemente e modificando in breve tempo il paesaggio agricolo gallesino. Il settore della produzione del nocciolo nella varietà tonda gentile romana, interessa in generale tutta la Provincia di Viterbo, specialmente la zona dei Monti Cimini in cui Gallese rientra, ed oggi garantisce da sola un significativo apporto all’intera produzione nazionale.

 

Informazioni turistiche

Società agricole locali sono impegnate nella produzione di olio e vino, mentre altre si sono specializzate nella coltivazione della nocciola tonda gentile romana e nei prodotti derivati dalla nocciola. Sui pianori si è affermata anche una buona produzione di pesche e mele e prodotti derivati.

 

Testo di Simona Pirolli