I mulini e le dighe di Gallese

I mulini e le dighe di Gallese

Preziose architetture anonime del passato popolare

Controllando un territorio abbondante di acque il borgo ne sfruttò la forza motrice nelle numerose opere di ingegneria idraulica: i mulini, architetture silenziose che raccontano la storia, opere anonime, ma estremamente significative dal punto di vista antropologico ed artistico. Alcuni, come ad esempio il grande Mulino Severini-Coramusi, furono utilizzati fino alla fine del ‘900 ed in altri, in maniera inusuale, si preparavano i colori, Molino della Concia, o il vetro, Molino Mattioni.

 

Una volta raccolti i profumati prodotti il contadino si recava subito al Molino dove li affidava, non senza premura, per la loro lavorazione. Storie di vita quotidiana del passato popolare di Gallese che le antiche mura dei molini potrebbero raccontare: lo scroscio dell’acqua incanalata, il frastuono delle ruote e dei macchinari ed infine il dolce suono del prodotto lavorato che cade nei sacchi o nella vasca per essere raccolto e portato via. La macinazione e la molinatura è una pratica antica che si svolgeva direttamente sul luogo di coltivazione e di certo il territorio di Gallese doveva produrre molto se sul suo territorio furono costruiti così tanti molini e frantoi. L’attestazione più antica di un molino da grano è del 1493, quando venne costruito il “Mulino di mezzo” o “Mola del Ponte”, che si trovava nei pressi del Ponte di San Famiano, poco prima della Basilica. Accanto a questo molino nel 1616 fu costruito il Molino della Concia, con una ruota, destinato alla produzione dei colori ottenuti prevalentemente dalla macinazione dei minerali. Queste antiche strutture che sfruttavano entrambe le vicine acque del Rio Maggiore, vennero poi inglobate nella più grande e moderna costruzione del Molino Severini-Coramusi, costruito nella prima metà del ‘900 dalle omonime famiglie, fu utilizzato fino agli inizi degli anni ’70.


La struttura si adegua alla conformazione del terreno e acquisisce la forma della prua di una nave. L’interno, con l’originaria struttura in legno dei solai, conserva al piano interrato i macchinari che servivano per lo sfruttamento delle acque e che azionavano tutti i meccanismi, mentre ai piani superiori si trovavano i locali per la lavorazione dei prodotti: qui veniva lavorato il grano, passato per la grande decorticatrice verticale che recava ancora la targa della ditta costruttrice. Nella stessa zona sorgevano anche il Molino per l’olio con una ruota, funzionante già nel 1533 e in seguito di proprietà della famiglia Ricci Parracciani, e il Mulino dello Scurso, del 1503, passato poi a Giulio Hardouin. Lo sbarramento sul Rio Maggiore, ancora oggi visibile affacciandosi dal Ponte di San Famiano, garantiva il funzionamento di tutte queste strutture: esso era costituito da una alta parete in muratura che interrompe il fosso e consentiva all’acqua, mediante un canale secondario, di alimentare una moderna turbina ad asse verticale in esercizio negli ultimi decenni di attività.
Sempre sullo stesso fosso, più a monte, sono attestati tre Molini. In località La Lega, sulla strada che conduce ai campi sportivi, due costruzioni una a fianco dell’altra utilizzavano le copiose acque per la lavorazione dell’olio, il molino con una ruota del 1500, e del grano, il molino con una ruota del 1800, i cui resti sono ancora oggi visibili. Nel 1917, quando Archimede Tranzi dipinse l’acquerello La Mola di Campo, i due fabbricati adiacenti erano ancora visibili, ma oggi non si vede più il mulino a grano crollato a seguito di una piena eccezionale del torrente. E' ancora possibile osservare la vecchia struttura in una foto scattata ai piedi della diga di sbarramento in occasione di una gita scolastica del maestro Marino di Gallese.
Poco a monte dello stesso torrente, dopo aver superato i campi sportivi, un’altra piccola costruzione sfrutta con un canale artificiale le acque per la macinazione del grano e delle olive. La struttura è oggi conosciuta come Molino Mattioni attivo sin dal 1835, oggetto di una riconversione produttiva nella seconda metà del ‘900 per adattarlo alla macinazione del vetro.


Anche il piccolo centro storico poteva vantare la presenza di molini e frantoi, ne sono attestati almeno 3. Uno a mano e poi a cavallo, attivo già nel 1618 in località San Lorenzo, poco distante da Largo Ascaro, venne poi utilizzato fino alla prima metà del ‘900 per la lavorazione di manufatti in terracotta con una grande ruota in legno per la macinazione dell’argilla. L’altro, in contrada Santa Maria, vicino al Museo e Centro Culturale “Marco Scacchi” si attesta nel 1500 per la lavorazione delle olive e fu venduto alle Monache di San Silvestro in Capite a Roma. Entrambi non sono più riconoscibili nel tessuto urbanistico del borgo. L’ultimo invece si può ancora oggi ammirare perché si affaccia in piazza Sant’Agostino: il Frantoio del Duca, costruzione del 1800 che nel ‘900 viene acquistato dalla famiglia Calzavara ed utilizzato come deposito per il grano e falegnameria ed infine fu venduto come frantoio alla famiglia Hardouin di Gallese.


In località Gallese scalo invece, dove il fiume Tevere disegna e condiziona le attività produttive del borgo, fu costruito il mulino da grano della comunità di Gallese, vicino al castello di Rustica, al Ponte e alla Chiesa di San Sebastiano. Esso sfruttava le acque del fosso di Rustica, non molto distante dall’antico alveo del fiume Tevere. Nel 1500 fu concesso in uso a Antonio Massa, grande giurista di Gallese, per i servizi che rese alla Città e nel 1700 veniva utilizzato ampiamente anche dagli abitanti della Sabina che attraversavano il fiume Tevere con la “barca passatora” nei pressi del Porto dell’Arcella.

 

Informazioni turistiche

I mulini sono di proprietà privata e non è possibile accedere nei locali interni. Nei pressi della Basilica di San Famiano puoi vedere il Molino Severini-Coramusi. Subito dopo, affacciandoti dal Ponte di San Famiano, sulla strada che conduce a San Famiano a Lungo, puoi vedere lo sbarramento sul Fosso Rio Maggiore che permetteva il funzionamento dei mulini. Lungo la strada che conduce ai campi sportivi, prendendo la prima stradina sulla sinistra, puoi arrivare ad una costruzione proprio in fondo alla strada, di proprietà privata. Puoi vedere da lontano la grande volumetria del molino a grano un tempo della famiglia ducale. Proseguendo sulla strada, superati i campi sportivi puoi raggiungere il Molino Mattioni, una piccola costruzione sulla sinistra poco prima di un ponte. Nel centro storico, nella piazza Sant’Agostino, la grande costruzione che chiude uno dei quattro lati della piazza era il frantoio del Duca. Le strutture al loro interno non conservano i macchinari originali che sono stati venduti nel tempo ai diversi produttori di olio. Qualche macchinario è invece rimasto nel Mulino Severini-Coramusi.

Testo di Simona Pirolli e Alfredo Giacomini